Freud


La via d’accesso all’inconscio

Secondo Freud, il padre della psicoanalisi, esiste una dimensione inconscia della vita psichica, in cui vengono rimossi impulsi,
tendenze, ricordi (generalmente a carattere sessuale) considerati “pericolosi“ dalla coscienza morale del soggetto. Egli, quindi, trasforma radicalmente l’immagine dell’io, della coscienza e della personalità in cui l’uomo si era rispecchiato per secoli: se prima questi era considerato forte, padrone di sé e della sua sfera spirituale, nella prospettiva freudiana non può che riconoscersi come una figura dipendente, dominato da pulsioni di cui non ha il pieno controllo, caratterizzata da profondi conflitti interiori.
La via privilegiata d’accesso all’inconscio è per Freud l’interpretazione dei sogni, che secondo lui sono l’espressione di desideri profondi. Nei sogni egli individua due livelli di significato: un livello manifesto, che coincide con la scena del sogno così come viene raccontata e vissuta, e un livello latente, che costituisce la dimensione pulsionale censurata ed espressa nella scena manifesta solo in modo velato e camuffato. Questo secondo livello necessita di un’interpretazione, proprio perché il suo significato, essendo sottoposto alla censura del soggetto, subisce una trasformazione e viene reso irriconoscibile
attraverso varie tecniche (il cosiddetto lavoro onirico). Insieme ai sogni vi sono, secondo Freud, anche altri segnali del comportamento umano che rivelano la presenza di un conflitto interiore: si tratta dei lapsus e degli atti mancati. Se nel sogno alcuni elementi rimossi tendono a venire alla luce incontrando l’opposizione della censura, che ne trasfigura le sembianze rendendoli tollerabili per la coscienza, negli atti mancati si tratta di errori nell’uso del linguaggio o nelle azioni, che si compiono per l’intervento di una tendenza inconsapevole la quale, vincendo le barriere della censura, turba il comportamento normale.


La complessità della mente umana e la nevrosi

Alla luce dell’autoanalisi e dell’esperienza clinica, Freud arriva a elaborare una prima descrizione della psiche, che viene definita dagli studiosi “prima topica“, in quanto individua zone distinte all’interno della personalità dell’uomo. Esse sono tre: la coscienza, cioè la parte consapevole del nostro pensiero; l’inconscio, cioè la zona inconsapevole, in cui vengono rimossi le pulsazioni, le tendenze e i ricordi inaccettabili e giudicati immorali; il preconscio, che a differenza dell’inconscio, è caratterizzato da contenuti temporaneamente inconsapevoli, ma passibili di accedere alla coscienza. Il meccanismo della rimozione, con cui il soggetto respinge nell’inconscio le pulsioni inconciliabili con le istanze morali, viene descritto da Freud come un meccanismo di difesa, che consiste in una particolare forma di oblio. Essa è un atto inconsapevole, cioè si compie all’insaputa del soggetto, ed è un processo stabile, a meno che non subentrino situazioni particolari che la vincono, come la terapia analitica. Gli elementi rimossi nell’inconscio, rimanendo attivi e premendo per emergere alla coscienza, continuano a influenzare quest’ultima attraverso le formazioni di compromesso di cui abbiamo parlato: i sogni, i lapsus e gli atti mancati.
Dopo il 1923 Freud elabora una seconda topica, cioè una seconda descrizione della psiche, che, a suo avviso, consente di spiegare meglio l’interazione dinamica tra le varie componenti. Essa individua tre funzioni o istanze fondamentali: l’Es, il Super-Io e l’Io.
L’Es rappresenta le nostre pulsioni, che non conoscono nè il bene nè il male, ma ubbidiscono soltanto al principio di piacere. Il Super-Io è la coscienza morale, vale a dire l’insieme dei divieti e delle prescrizioni che fin da bambini ci sono stati imposti da genitori e dal mondo circostante e che noi abbiamo introiettato. L’Io, infine, è il luogo della mediazione e della sintesi tra le due parti che si contrappongono, l’Es e il Super-Io. Freud dice che l’Io deve fare i conti con tre severi padroni, poiché all’Es e al Super-Io si deve aggiungere un terzo tiranno, costituito dal mondo esterno. Tale struttura conflittuale della psiche è all’origine della formazione delle nevrosi, i particolari disturbi psichici che insorgono nel momento in cui le pretese del Super-Io diventano troppo severe, implicando la rimozione della dimensione pulsionale e istintuale. Il sintomo è proprio il segnale della presenza di un conflitto, di cui lo psicoanalista deve decifrare le regole e il significato. A questo proposito, uno dei procedimenti fondamentali utilizzato da Freud per interpretare il linguaggio dell’inconscio è quello delle libere associazioni, grazie a cui paziente, abbandonandosi al flusso dei pensieri in una situazione particolarmente idonea al rilassamento, lascia emergere elementi legati ai materiali rimossi che sono all’origine della sua patologia; si tratta di una tecnica ancora oggi alla base del trattamento psicoanalitico delle nevrosi.

La teoria della sessualità 

Freud delinea un’innovativa teoria della sessualità, intesa, genericamente, come ricerca del piacere erotico. Essa si discosta dalle teorie tradizionali, in quanto considera l’istinto sessuale come un’energia avente caratteri propri, indipendentemente da un oggetto e un fine determinati. La pulsione sessuale viene indicata con il termine libido, cioè una forza che può essere applicata a una molteplicità di oggetti e indirizzata a varie mete, deviando da quella che viene considerata la sua destinazione normale: la procreazione. La plasticità e il polimorfismo della libido consentono a Freud di comprendere non solo il meccanismo di formazione dei sintomi nevrotici, ma anche le cosiddette perversioni sessuali, che appaiono come il diverso orientamento assunto dall’energia sessuale a causa di particolari ostacoli incontrati nel corso del suo sviluppo. Una tale concezione dinamica della libido conduce Freud alla scoperta della sessualità infantile e delle sue tre fasi: quella orale (legata alla zona erogena della bocca e alla funzione della suzione), quella anale (legata alla zona erogena dell’ano e alle connesse funzioni corporali) e quella genitale (che ha come zone erogene gli organi genitali ed è distinta in “fallica” e “genitale” in senso stretto). Alla fase fallica risale l’origine di quello che Freud definisce il “complesso di Edipo”, cioè la costellazione di emozioni e affetti che si sviluppano nel bambino e nella bambina in relazione alle figure genitoriali. Dalla risoluzione del complesso edipico (in cui emergono sentimenti ambivalenti di amore per il genitore di sesso opposto e di odio per quello dello stesso sesso) dipende, secondo Freud, la possibilità per l’adulto di avere una vita sessuale “normale” e di evitare la formazione di nevrosi.


L’origine della societá e della morale

Secondo Freud -il quale estende ai fenomeni sociali i principi scoperti a proposito dello sviluppo psicosessuale dell’individuo- la società, la morale e la religione deriverebbero dall’esigenza del gruppo sociale di contenere ed elaborare istinti e pulsioni universali ma inaccettabili, perché distruttivi e immorali.
L’osservazione (indiretta) di varie popolazioni primitive offre a Freud l’esempio di una modalità di organizzazione sociale che sembra confermare le sue ipotesi: quella totemica. Essa gli appare come la forma simbolica attraverso cui la collettività riesce esprimere in modo controllato e responsabile l’istinto primordiale all’incesto e dell’aggressività che ne deriva. I divieti e le proibizioni sancite dal totemismo (i tabù) rappresentano i modelli embrionali di quelle stesse norme di carattere morale, religioso e civile che regolano le società moderne; norme considerate da Freud modalità di repressione, ma indispensabili alla convivenza, la quale risulterebbe impraticabile se le tendenze egoistiche e amorali dell’Es fossero libere di realizzarsi.


Gli sviluppi della psicoanalisi

Tra il 1911 e il 1913 si costituiscono due correnti psicoanalitiche dissidenti, formate da persone che fino ad allora avevano svolto un ruolo importante nella società psicoanalitica: Adler e Jung. Per Adler la libido sessuale rappresenta soltanto una parte di una più generale tendenza all’autoaffermazione, pulsione che egli, mutando una terminologia nietscheana, definisce volontà di potenza. Tale istinto è presente già nei bambini, i quali -di fronte al mondo ancora sconosciuto, in cui vivono personaggi più grandi, più forti e più esperti di loro- avvertono un sentimento di inferiorità. Se gli apporti ambientali gli saranno favorevoli, il bambino sarà in grado di superare in modo graduale e positivo il suo disagio; se, al contrario, gli stimoli saranno negativi, è probabile che egli scivoli nel complesso di inferiorità, ossia in una condizione patologica.
Anche Jung si rifiuta di considerare i contenuti della rimozione in chiave esclusivamente sessuale: a suo avviso la sessualità non può costituire la struttura centrale della vita psichica. A partire da questa convinzione, identifica la libido con un’energia vitale presente in tutti gli organismi naturali, una pulsione dinamica che garantisce la conservazione degli individui e della specie. Essa è una forza spirituale, oltre che biologica, creatrice di progresso culturale.
Accanto all’inconscio personale Jung ammette un inconscio collettivo, trasmesso geneticamente e costituito da una molteplicità di immagini che l’umanità ha elaborato durante la sua storia. Esso non si sostanzia di elementi rimossi, ma di archetipi, modi di rappresentazione della realtà comuni all’intero genere umano, vere e proprie forme a priori dell’immaginazione.
Per Jung obiettivo della terapia analitica è la realizzazione del Sè grazie al processo di individuazione. Questo consiste nella progressiva integrazione e unificazione degli elementi che compongono la personalità.

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