Fichte

L’idealismo etico di Fichte


La ricerca della libertà e la tensione etica

Fichte fa proprio il monito del filosofo tedesco Lessing, che aveva riposto il valore
della verità non è suo possesso, ma nello sforzo costante per raggiungerla. Il possesso, infatti, spiegava l’autore, è riposo, pigrizia e orgoglio; la ricerca, invece, è impegno e attività. Fichte attribuisce a tale pensiero un significato morale, interpretandolo nel senso che “non vale nulla esser liberi; cosa divina è diventarlo!“.
La vita stessa di Fichte può essere vista come l’esemplificazione di tale principio: essa appare come uno sforzo per diventare libero. Nato da una famiglia di contadini poverissimi, pareva destinato a fare il guardiano di oche. Ma aiutato economicamente da un signore del villaggio, riesce a compiere i suoi primi studi nel celebre collegio di porta. A 18 anni inizia frequentare l’università, sempre combattendo contro la miseria.
Legge le tre critiche di Kant, da cui resta affascinato, specialmente per il riconoscimento del valore assoluto della libertà del soggetto che trova nella critica della ragion pratica. Si reca a Königsberg per ascoltare le lezioni di Kant e fargli leggere il manoscritto della sua prima opera, il saggio di critica di ogni rivelazione, che, comparso anonimo nel 1792, venne scambiato per un’opera Kantiana. Accusato di ateismo Fichte è costretto a lasciare Jena e a recarsi a Berlino. Mentre Berlino era sotto l’occupazione delle truppe napoleoniche, pronuncia proprio in quella città i discorsi alla nazione tedesca, in cui invita i tedeschi a insorgere contro lo straniero, proponendo una nuova forma di educazione incentrata sull’amore per la libertà e la rivendicazione del primato del popolo tedesco, un primato da intendersi in senso spirituale e culturale.
Negli ultimi anni il filosofo integra l’interesse etico con un nuovo lato mistico religioso, che lo porterà a definirsi “sacerdote della verità”.

L’io come principio assoluto e infinito

La stessa aspirazione alla libertà si trova nel sistema del filosofo. Egli conduce alle estreme conseguenze la critica dei circoli antikantiani sorti dopo la morte di Kant, Che si concentrava soprattutto su due punti:
  1. la preesistenza di una cosa in sé, indipendente dal soggetto e fuori dalle sue possibilità conoscitive;
  2. L’insoluto problema dell’origine del materiale sensibile della conoscenza.
Secondo il filosofo, se il mondo dell’esperienza possibile è quello della rappresentazione, non si può ammettere nulla al di fuori del soggetto stesso. Quest’ultimo è pertanto assoluto e infinito. Il “grande io” costituisce il punto di partenza del sistema Fichtiano, che deve dimostrare con una rigorosa deduzione tutti gli oggetti. “I fondamenti dell’intera dottrina della scienza” hanno il compito di spiegare proprio questo, ossia come, posto l’io quale principio originario e incondizionato, da esso si possa derivare tutta la realtà sia dal punto di vista conoscitivo sia dal punto di vista materiale. Secondo Fichte, l’idealismo, negando la cosa in sé, cioè una realtà esterna e indipendente dall’uomo, e affermando l’infinità del soggetto, è la filosofia che meglio ne esprime la totale e incondizionatezza. L’io, infatti, può essere considerato libero nella misura in cui non è secondario nè dipendente da un mondo di cose esterne, ma viene visto come originario, ossia come il principio da cui il mondo trae non solo il suo significato ma anche la sua stessa realtà.

La differenza tra dogmatici e idealisti

La conseguenza mentale della svolta idealista è che proclamando l’assoluta libertà del soggetto si apre la possibilità di una piena realizzazione dell’impegno etico; possibilità
preclusa, invece, dal dogmatismo che implica la negazione della libertà e, dunque, della moralità. Questa tesi viene espressa dal filosofo nella “prima introduzione alla dottrina della scienza” in cui egli riconosce l’idealismo e il dogmatismo come due sistemi filosofici a cui possono essere ricondotti tutti gli altri. La scelta tra i due orientamenti dipende dal temperamento delle persone che li abbracciano e da un’operazione di tipo etico. L’individuo fiacco e inerte sarà per natura orientato verso il dogmatismo, il quale conduce a una visione materialista e determinista che riduce l’autonomia dell’io. L’individuo attivo sarà attratto spontaneamente dall’idealismo, una scelta di vita che coinvolge tutti gli aspetti della personalità e che richiede un impegno totale e incondizionato.

L’io e i tre momenti della vita dello spirito

L’io non è immobile ne statico; in quanto anelito verso la libertà, è spirito, infinita tensione verso un’ ideale meta di perfezione. Esso è costantemente impegnato in un faticoso processo di autorealizzazione. È L’io puro o universale, inesauribile attività creatrice. È creatore proprio perché conferisce senso e realtà al mondo il quale, diversamente, non potrebbe esistere.
Il fondamento di ogni realtà è pertanto l’io puro o spirito, un processo creativo e infinito che si articola in tre momenti essenziali:
  • la tesi, dove l’io si rivela come attività autocreatrice, l’io puro e incondizionato attività creatrice che ha immediata e intuitiva consapevolezza di sé: esso è autocoscienza (egoità)
  • L’antitesi in cui l’io puro deve necessariamente opporsi a un non io, il non io costituisce la natura intesa in senso generale come il regno dei limiti.
  • Una sintesi si riferisce alla concreta situazione del nostro essere nel mondo, in cui si fronteggiano una molteplicità di cose e una pluralità di persone.

La natura e la materia

Il filosofo intende dimostrare come la natura e il mondo non siano realtà autonome e indipendenti dal soggetto, ma debbano invece essere compresi quali momenti indispensabili della stessa vita dello spirito. Essi esistono per l’io e nell’io, quali funzioni della sua opera creatrice. L’io pone il non-Io attraverso un processo inconsapevole presieduto dalla facoltà dell’immaginazione produttiva. Soltanto attraverso le varie fasi della conoscenza il soggetto arriva comprendere come il mondo sia, in realtà, una produzione dello spirito.

Il carattere etico dell’idealismo fichtiano

Lo sviluppo dell’io consiste nel superare l’urto tra l’io e il non io, un urto infinito, che si rinnova continuamente e che consente allo spirito di mostrarsi come un soggetto etico. In ciò risiede la missione di autoperfezionamento. Per Fichte compito e dovere dell’uomo è quello di affermare la libertà, superando di continuo le difficoltà che si frappongono sulla via della piena e perfetta realizzazione. Il mondo esiste in funzione dell’attività dell’io e della sua vita morale esso è presupposto indispensabile dell’azione etica. L’uomo ha la missione di forgiare se stesso, a tal fine È orientata la cultura che implica l’idea di un’educazione e formazione continua, attuate grazie alla ragione che, sola, è in grado di sottomettere gli istinti e la sensibilità, facendo trionfare lo spirito sulla materia, non è completamente raggiungibile se si configura come un compito incessante.

L’istinto fondamentale dell’uomo


L’istinto sociale è un istinto fondamentale. L’uomo cerca di superare la propria limitatezza partecipando alla vita degli altri, e in tal modo istituisce la società. Quest’ultima ha lo scopo di realizzare la completa unità di tutti i suoi membri. Per ottenere tale risultato gli uomini devono obbedire a una duplice norma: non devono trattare gli altri uomini come mezzi, ma sempre solo come fini, la legge morale ci impone di tendere non solo il nostro perfezionamento, ma anche quello altrui, attraverso l’educazione.

Commenti